RIFLESSIONI SUL CONTEMPORANEO: Luxury vs Elegance

15 maggio 2020

 

Dopo la lunga pausa di questi mesi di quarantena, purtroppo non riaprirà al pubblico la mostra “STILE MILANO: Storie di eleganza” alla quale ho partecipato con le spille MOONagination e gli anelli SOLID. 
La mostra – che ha avuto luogo a Palazzo Morando a Milano dal 21 gennaio 2020 – ha tracciato un percorso nell’alta artigianalità dell’abito e del gioiello ‘Made in Milano’ dagli anni ’50 ai giorni nostri.
Nascono da qui alcune riflessioni. 
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Luxury vs Elegance

Alla mostra “STILE MILANO” ho potuto ammirare i lavori realizzati da grandi gioiellieri e maison Milanesi quali Buccellati, Calderoni, Faraone, pezzi unici di rara fattura.

Tuttavia, se guardo con sincera ammirazione questi gioielli unici non posso fare a meno di riflettere sulla distanza che sempre più separa questi oggetti preziosi dal movimento della miapost-modernità. 

Inevitabilmente, ritorno ad interrogarmi. Che cosa è lusso e che cosa è eleganza? Difficile, in un mondo in cui sussistono solo classi di reddito. 

Nel 1978 Bruno Munari scriveva:

Se l’autore del gioiello non ha cultura, produrrà sempre un oggetto a prezzo altissimo, impiegherà tutte le materie più preziose, poiché il suo pubblico è ovviamente un pubblico senza cultura, per cui può capire solo il prezzo ma non il valore

Tuttavia, dal 1978 molte cose sono cambiate. 

L’uomo ha da sempre trasposto la preziosità nella materia degli oggetti. Per cui, tutto ciò che poteva sembrare lucente, trasparente, puro, difficile da trovare, diventava materia preziosa. 

Ma tutto è prezioso in natura, e nessuno può stabilire che qualcosa è prezioso semplicemente per convenzione. L’acqua è il bene più prezioso che abbiamo ed è contaminata in molte aeree del pianeta. Gli alberi e le foreste, che danno ossigeno al pianeta, stanno scomparendo a ritmi vertiginosi. 

Dimenticarsi di questo, e perdersi in un oggetto materiale, è una rimozione culturale non più sostenibile.

Adesso la natura ci informa che la nozione di prezioso sta nelle armonie e negli ecosistemi che davamo per scontati, e la ricerca consiste nell’andare oltre l’oggetto fatto di materia preziosa, per trovare la preziosità, e l’incorruttibilità che non giace più nelle cose, ma nell’idea. 

Se un gioiello è qualcosa di prezioso, e se prezioso è qualcosa di incorruttibile, durevole, inscalfibile, inattaccabile, lucente, trasparente, limpido, puro, non contaminato, difficile a trovarsi, che può essere tramandato, allora tutto questo, oggi, si chiama integrità.

La materia prima per creare cose preziose è l’integrità. 

Integrità culturale, integrità ambientale, integrità morale. Il senso del mondo che va oltre il globo tecnologico, può essere salvato solo se consideriamo la natura preziosa nella sua interezza e non divisa per comparti merceologici, compresa la stessa natura umana che non può essere sfruttata. 

È una materia dell’animo quella che cerco, che si muove dalla natura alla coscienza. 

Munari opponeva la cultura progettuale alle convenzionalità delle materie preziose e delle loro lavorazioni. Io oppongo l’integrità dell’animo a qualsiasi forma di produzione, compresa quindi la progettazione ed il design.

L’eleganza è un agire il cui fine è nell’agire stesso, il lusso è un agire il cui fine giace fuori dall’agire. 

Allora un oggetto che sorregge ostentazione, opulenza, potere economico, perde ogni integrità, e si riduce ad esteriorità insensata. 

Credo che il termine ‘esclusivo’, sia stato inventato dal mercato e dall’economia, per creare un ponte artificiale, un falso simbolo, che pretende di unire lusso ad eleganza, per cui ‘esclusivo’ non è qualcosa ‘per chi ha l’eleganza dell’animo’ ma soltanto ‘per pochi che dispongono di molto denaro’. Così lusso ed eleganza diventano concetti disgiunti.

L’integrità è un principio alchemico di trasmutazione. Lavora sul concetto di immutabile. L’idea che il Bello sia immutabile è un’idea Platonica. Non si tratta di un oggetto bello, ma del Bello in sé. L’industria e la produzione economica hanno trasferito l’immutabile nel bene durevole, e da questo hanno estratto il bello industriale. Ma è solo marketing. 

Gli uomini hanno da sempre cercato nei gioielli dei simboli che si opponessero all’incessante divenire del mondo sensibile. 

Oggi l’esperienza della verità è l’esperienza del mutevole. Ed il Bello in sé non può essere più cercato in un oggetto materiale. La materia che cerco sta nella pura potenzialità (entelechia), che non è il nulla, ma è qualcosa: la possibilità di diventare. E questa è la cultura. Cogliere i mutamenti, le tensioni, i riferimenti di significato a cui le cose rimandano. 

L’integrità è non tradire mai questo principio.

Per me ogni persona è un brand. E la materia è il mondo.

L’arte è linguaggio, la cui grammatica nascosta ne esprime il senso. È da molto tempo che l’arte ci sta dicendo qualcosa. Che dell’eleganza se n’è appropriato il mercato con le sue regole piene di luoghi comuni, e la bellezza è decisa dai mercanti. 

Il gioiello è attraversato da un senso di caducità e non più di eternità. Un gioiello non è per sempre, non lo è mai stato, deve incontrare il suo opposto, i suoi limiti il suo valore razionale e la sua banalità, il suo essere superfluo, la sua forma superata da altre forme, ma soprattutto il suo rimando simbolico, per cui o diventa un simbolo complesso di una molteplicità di rimandi, o resta un oggetto insensato.Si dissolve.

Un gioiello non può più essere qualcosa di prezioso se è disgiunto dai valori che simboleggia. E non può essere elegante se non è pura ed integra la sua materia prima. 

Che non è materia, appunto.

RIFLESSIONI SUL CONTEMPORANEO – Manuela Gandini in collaborazione con Luigi Amato Kunst